Seminario Tecnico Culturale 2023

Una piacevole giornata fra tecnica e approfondimento teorico dei concetti di “Semé” e “Tamé”. Grazie al maestro Murata (7°Dan Kyoshi) per averci guidato alla comprensione prima e alla costruzione poi, di questi due concetti nella pratica di allenamento.

KendoBooks: Una Nuova Visione, di Christian Filippi

Con la sospensione della pratica in palestra è il momento giusto per recuperare vecchi e nuovi libri sul Kendo. Rileggersi un po’ di quello che si ha già sugli scaffali e andare alla ricerca delle nuove uscite.

la copertina del libro

Circa una settimana fa è uscito sulla piattaforma Amazon Kindle, Una Nuova Visione, di Christian Filippi. Per chi non lo conoscesse, Filippi è 6°dan renshi di kendo, laureato in scienze motorie, è insegnante responsabile per i dojo del Cus Verona Kendo e dello Shoryukan Piacenza, arbitro internazionale ed ex membro di lungo corso della nazionale italiana.

Il libro è breve (una settantina di pagine), ma forse questo è il suo maggior pregio, poiché permette di passare in rassegna svariati argomenti, la cui trattazione approfondita richiederebbe interi manuali, componendo una “visione” della metodologia proposta. La conoscenza derivante dagli studi delle scienze motorie (dalla preparazione fisica al coaching) può essere integrata in maniera profittevole nella trasmissione della tecnica e nello svolgimento in sicurezza della pratica, permettendo di esaltare i principi educativi e di miglioramento individuale che caratterizzano la disciplina del kendo. Altro aspetto trattato è l’insegnamento a bambini e ragazzi, nei vari capitoli è sottolineata la distinzione nei due approcci di insegnamento e in particolar modo la raccomandazione di non trattare i bambini come “piccoli adulti”, ma di rispettarne le specificità di apprendimento.

Consigliato? Si, se siete interessati alla didattica nelle arti marziali e siete alla ricerca di spunti per approfondire il vostro bagaglio di conoscenze nell’ambito dell’insegnamento.

Altre letture interessanti sull’insegnamento del Kendo:

Manuale dell’Insegnante di Kendo – Giacomo Cucinotta – Luigi Rigolio

Kendo Approaches for all Levels – Sotaro Honda (ENG)

Ghost of Tsushima

Un titolo immersivo e coinvolgente, non senza difetti

Giappone, 1274.

L’esercito mongolo sbarca sull’isola di Tsushima, per usarla come testa di ponte per l’invasione di tutta l’isola nipponica.

Il jito lord Shimura guida l’esercito dei difensori, ma è chiaro da subito che lo spietato Kothun Khan, comandante delle forze mongole, ha fatto i compiti a casa ed è venuto preparato allo scontro contro l’esercito dei samurai, conoscendo bene le tattiche e la filosofia dei guerrieri giapponesi riesce velocemente a sbaragliarli grazie a tattiche disonorevoli e all’utilizzo della polvere da sparo.

La battaglia per la difesa di Tsushima si risolve in un massacro per l’esercito dei samurai e la cattura di Lord Shimura.

Sopravvissuto allo scontro iniziale, il giovane Jin Sakai, nipote di Lord Shimura, affronta coraggiosamente il Khan nel tentativo di salvare lo zio, ma le cose vanno male e il samurai viene sconfitto, precipitando in mare e ritenuto morto.

Viene invece salvato dalla ladra Yuna, che mossa da interessi personali insegnerà a Jin qualche nuovo trucco per avere la meglio dei mongoli.

Così inizia la storia di Ghost of Tsushima, l’ultimo gioco di Sucker Punch per Playstation 4.

Lo Spettro di Tsushima

Il gioco inizia qui, nei panni dell’affranto Jin Sakai che, riconosciute le deficienze nel codice di condotta dei samurai, dovrà studiare delle nuove tattiche per  salvare lo zio, vendicarsi del Khan e cacciare i mongoli via dall’isola.

La trama si dipana per tre atti, la storia è avvincente e ricca di colpi scena, alcuni davvero drammatici, con il giovane Lord Sakai che dovrà trovare alleati e risorse per combattere i mongoli, vivendo al contempo un feroce conflitto interiore per cercare di coniugare il bushido, il severo codice dei samurai che Jin ha imparato a seguire per tutta una vita, e con quello che è necessario fare per sconfiggere i nemici, ovvero usare tecniche disonorevoli per sorprendere gli agguerriti nemici.

Immergersi Nell’Atmosfera e Nel Paesaggio

Appare chiaro fin da subito che il lavoro svolto dagli svilpuppatori è eccellente, il protagonista si muove in un contesto credibile e pulsante di vita.

La mappa da esplorare è enorme, artisticamente molto ispirata, capiterà fin troppo spesso a fermarsi durante una missione o l’esplorazione a fissare a bocca aperta la magnificenza che compare a schermo.

Il Giappone presentato da Sucker Punch è incredibilmente plausibile e vibrante, evidentemente frutto di un accurato studio, non sorprende infatti che il gioco stia andando benissimo proprio in terra nipponica, dove di fatto sembra che venga apprezzata quella che è de facto una dichiarazione d’amore per la cultura giapponese, e non solo quella legata a katane e samurai.

Tutto è integrato sapientemente nel gioco, dalle formali interazioni sociali, le tipiche costruzioni architettoniche, i giardini curati, gli abiti dei personaggi.

I paesaggi suggestivi sono interrotti solo dai campi di battaglia, dagli occasionali corpi massacrati, bruciati, impalati e impicatti agli alberi, un severo monito al giocatore, un memento della ferocia del nemico che siamo chiamati ad affrontare.

Tecnicamente Eccelso

Sebbene non regga il passo con produzioni recenti come ad esempio The Last of Us 2, con cui GoT condivide la finestra di uscita, è dal punto di vista artistico che il gioco di Sucker Punch colpisce nel centro: se sembra inferiore ad un mero conteggio dei poligoni a schermo, tutto è amalgamato con grande maestria, ogni cosa studiata con attenzione per garantire una grande immersività, come ad esempio l’interfaccia utente, poco invasiva e che compare solo nei momenti di bisogno, e alla geniale trovata del vento per indicarci la direzione da seguire per arrivare a destinazione.

Anche per quanto riguarda il combat system è chiaro che il lavoro svolto è più che adeguato, sebbene non sia all’altezza dei soulslike di From Software, è comunque funzionale e fluido, senza arrivare ai livelli di masochismo da testicoli chiusi nel cassetto di Sekiro, ai livelli di difficoltà più elevati costringe il giocatore a sudare le proverbiali sette camice per aver ragione dei gruppi di nemici più affollati.

Il senso di progressione del personaggio regala grande soddisfazione, durante l’avventura potremo infatti raccogliere diversi materiali che serviranno per migliorare armi e armature che sbloccheremo durante il gioco.

Menzione d’onore per le side quest, solitamente relegate a ruolo secondario per allungare il brodo insipido della trama principale, in Ghost of Tsushima diventano invece quasi essenziali da portare a termine, se le quest mitologiche sono importanti per acquisire armature e tecniche devastanti, quelle secondarie degli alleati sono imperdibili per capire i dilanianti drammi vissuti dai comprimari che ci accompagnano nella nostra avventura, come rararamente ci era successo di vedere in titoli del genere.

Non Senza Difetti

Sebbene gestito in maniera impeccabile, è chiaro come l’hardaware PS4 sia ormai al canto del cigno, il campo visivo ad esempio, sebbene l’orografia variegata serva quasi sempre a mitigare i limiti della macchina, ci sono casi, come ad esempio le isole più lontane che sono brutalmente troncate dai limiti del fow. Ci chiediamo se non fosse stato più opportuno evitare di inserirle.

Il terzo atto ci è sembrato un po’ troppo corto se paragonato ai due precedenti, l’impressione è che si sia voluto tagliare troppo bruscamente una storia che fino a quel momento aveva un ritmo ben preciso, e che abbia subito una brusca accellerazione sul finale. Niente di drammatico, ma fastidioso.

Ma il vero grosso difetto di Ghost of Tsushima è nella stessa natura del gioco, il fatto è che la trama viaggi su binari prestabiliti e il giocatore faccia solo da passeggero nel viaggio verso il finale univoco.

Non ci sarebbe dispiaciuto un gioco con finali alternativi, con le scelte del giocatore determinanti al fine della trama, come ad esempio in Infamous: Second Son, sempre di Sucker Punch, con la possibilità di fare di Jin uno shinobi, un samurai, o un mix di entrambi.

Scelta questa che mina anche la rigiocabilità del titolo: una volta ottenuti tutti i trofei sbloccabili, la maggior parte dei quali portando a termine la campagna principale in una cinquantina di ore, non avrete motivo per tenere il gioco ad occupare spazio nel vostro hard disk.

Concludendo

Ghost of Tsushima è una dichiarazione d’amore per il Giappone e la sua cultura: non è un caso che sebbene il gioco sia localizzato in inglese e in italiano, è sicuramente più godibile con l’audio in lingua giapponese, clamorosa anche la possibilità di giocarlo in bianco e nero, con risoluzione volutamente sgranata in omaggio al cinema del grande Akira Kurosawa.

Davvero un peccato che pochi accorgimenti avrebbero potuto portare questo titolo nell’Olimpo della storia dei videogiochi, facendone una pietra miliare.

Anche cosi rimane comunque un titolo godibilissimo, irrinunciabile per chi ama i titoli open world e la cultura giapponese.

Andrea

TO:KY:OO di Liam Wong

‘Blade Runner Origins’ 00:17:59 © Liam Wong

Le città sono più belle dopo mezzanotte? Liam Wong ha passato un mese uscendo per la capitale Giapponese dopo le 00:00 per catturarne il lato oscuro, illuminato dalle insegne dei quartieri commerciali o dalle lanterne dei locali stretti fra i grattacieli. Luci al Neon, pioggia, arcobaleni di sfumature viola e blu elettrico che si riflettono nelle pozzanghere. Cavi elettrci, trasformatori, condensatori e unità esterne dei condizionatori, tassisti notturni e ombrelli di plastica. Se vi siete emozionati per le architetture e le atmosfere di Blade Runner, Akira, Ghost in the shell, Enter the Void, allora vale la pena prendere fra le mani questo libro.

Ma chi è Liam Wong? Art Director alla Ubisoft Montreal, dopo essersi laureato alla Abertay University a Dundee – Scozia e un’infanzia passata a giocare a videogame e a guardare anime, ha scoperto dopo il suo primo viaggio in Giappone, un’amore profondo per Tokyo. Questo lo ha spinto a tornare, armato di macchina fotografica, per dare vita al progetto di TO:KY:OO.

Il libro ha anche una prefazione curata dal suo grande amico Hideo Kojima.

C’è un’intera sezione dedicata alla teoria della composizione e dell’utilizzo della luce nelle foto scattate.

Il libro lo potete acquistare presso il suo sito, oppure sulle piattaforme solite di e-commerce (ibs, amazon ecc)

Liam ha anche un account Instagram

‘Technicolor’ 23:52:00 © Liam Wong.
‘Ultraviolet’ 02:41:27 © Liam Wong
‘Kimono Glitch’ 01:51:19 © Liam Wong
‘Self-Portrait in Midgar’ 01:00:00 © Liam Wong
‘Youth’ 23:11:00 © Liam Wong
‘Blade Runner Vibes’ 00:49:51 © Liam Wong